Presentati i risultati del progetto di ricerca di Marketing Arena S.p.A. in collaborazione con il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia.
La ricerca ha analizzato i comportamenti, le tendenze e l’organizzazione di imprese B2B rispetto ai temi del marketing con focus sul digitale.
In particolare, sono state indagate le modalità di gestione delle attività di digital marketing, la conoscenza delle tecnologie e le eventuali relazioni con la struttura organizzativa dell’azienda.
Il campione intervistato è popolato da imprese operanti nel commercio all’ingrosso, nella fabbricazione di macchinari e attrezzature industriali, fabbricazione di beni di consumo, edilizia, e costruzioni, impiantistica, software e food and beverage, raccolti attraverso i codici ATECO.
Sono state comprese nel campione analizzato le imprese che nel 2021 hanno registrato un fatturato compreso fra i 5 e i 55 milioni di euro.
Il questionario è stato somministrato a 130 imprese.
DATI SALIENTI DELLA RICERCA
CONTESTO
Un mercato che premia: per il 38% delle imprese intervistate le attività digitali hanno risvolti positivi per il business.
MANAGEMENT E PERSONE
Leadership delle competenze: per il 43% degli intervistati la strategia di marketing è definita da un champion.
STRUMENTI DI DIGITAL MARKETING
Il contesto B2B lega le aziende all’utilizzo di strumenti consolidati nel settore, dove l’innovazione nella comunicazione è direttamente proporzionale alla prontezza delle aziende ad affrontare i nuovi scenari digitali è affidata da oltre la metà delle imprese a un marketing manager, per circa un 20% al team sales.
ADVERTISING E LEAD GENERATION
Gli investimenti in advertising non sono ancora al primo posto nelle agende dei Marketing Manager: il 41% del campione intervistato investe meno dell’1% del budget di digital marketing in media buying.
ANALISI E KPI
Ad oggi gli strumenti di analisi sono focalizzati sulla raccolta di informazioni quantitative, tuttavia l’adozione di strumenti più sofisticati di analisi qualitativa può aiutare le aziende a creare strategie di marketing digitale a misura di target.
Partiamo dal contesto dal quale nasce questa ricerca:
Non tutte le aziende intervistate manifestano una forte propensione all’innovazione.
Il campione si divide sostanzialmente in modo uniforme tra chi sperimenta e chi no.
La decisione di esplorare nuove frontiere tecnologiche non è infatti una scelta poco meditata: oltre a una estensiva raccolta di informazioni, sono coinvolte tutte le funzioni aziendali per comprendere l’impatto complessivo sull’organizzazione, i costi da sostenere e i benefici attesi dall’investimento.
MANAGEMENT E PERSONE
Le attività digitali in azienda passano attraverso 3 differenti momenti chiave:
- La definizione della strategia;
- L’esecuzione delle attività;
- La misurazione dei risultati raggiunti e l’ottimizzazione.
Perché ciò accada è necessario condividere gli strumenti e gli obiettivi strategici su tutti i livelli cosicché anche le funzioni operative siano consapevoli del ruolo che ogni azione svolge nel raggiungimento degli obiettivi; raggiungimento che può essere definito solo se sono previsti dei processi di analisi e misurazione delle attività svolte.
Per gli autori della ricerca “tutto questo necessita di un team di Marketing in grado di lavorare in modo coordinato e funzionale al raggiungimento degli obiettivi.”
Molto spesso lo scollamento tra Marketing e Sales rappresenta uno scoglio nella raccolta e nella gestione di potenziali clienti.
Diverse volte nella mia esperienza professionale ho riscontrato questa mancanza di comunicazione e coordinamento, se non un vero e proprio ostracismo tra i due reparti e team, quello marketing e quello sales.
Il tema della comunicazione interna è sempre più centrale e l’ibridazione dei team, in cui il Marketing lavora per le attività di comunicazione a braccetto con HR e Sales, è sempre più necessario e urgente.
Il report evidenzia come la mancanza di comunicazione interna si presenti in due direzioni: sia nella comunicazione della strategia, sia nella condivisione dei feedback relativi allo stato e ai risultati di progetto. Tale deficit provoca un mancato miglioramento delle performance di marketing digitale, perché molto spesso sono i team più operativi a essere in contatto con i clienti e quindi a raccogliere dati di valore utili in un processo di miglioramento continuo.
Oggi la spinta parte dall’alto, il Top Management è coinvolto negli sforzi di marketing digitale e ne incoraggia gli investimenti. Il futuro, tuttavia, dovrà registrare anche una spinta dal basso per far lavorare in modo organico e funzionale tutta l’organizzazione.
RESPONSABILITÀ DELLE ATTIVITÀ
Chi detiene le responsabilità delle attività di marketing digitale?
Il Marketing Manager è la figura più frequente (46%) tuttavia Sales (15%) e Top Management (13%) hanno un peso specifico elevato nella gestione delle attività.
Rimane rilevante la percentuale relativa all’esternalizzazione della responsabilità del digitale (13%), segno del fatto che le competenze necessarie per una corretta gestione non sono ancora consolidate in modo estensivo all’interno delle PMI italiane.
RISORSE ECONOMICHE
Investire o non investire nelle attività di marketing digitale?
Questo dilemma sembra essersi dipanato nel tempo e nella mente delle aziende. Negli ultimi 3 anni abbiamo assistito a una costante e significativa crescita delle aziende che hanno iniziato a credere in modo sostanziale negli investimenti e di conseguenza nei ritorni delle attività di marketing digitale: chi investe più del 5% del proprio fatturato è passato dal 5% nel 2020, all’11% nel 2021 e al 21% nel 2022.
Sempre più aziende stanno investendo risorse per le attività di marketing digitale, così come già avviene da anni per le aziende che operano nei mercati B2C, sia per attività di lead generation che di brand awareness.
L’avvicinarsi delle dinamiche B2C è testimoniato dalla ripartizione per obiettivi del budget destinato alle attività di advertising digitale, che sono sempre più finalizzate ad attività di brand awareness e meno alla raccolta di contatti commerciali.
Questo dato ci porta a due ragionamenti:
- Una maggiore importanza della costruzione di un brand e della sua comunicazione in modo efficace;
- Un’ottimizzazione dei processi di raccolta lead, che oggi, anche grazie agli strumenti messi a disposizione dalle diverse piattaforme di advertising digitale, diventano sempre più chirurgici nell’utilizzo del budget investito.
Da un lato le aziende si stanno muovendo su budget complessivi più corposi per le attività digitali, dall’altro la parte dedicata alle attività di advertising, risulta essere marginale.
Se l’obiettivo della brand awareness è il raggiungimento del maggior numero di utenti a target per aumentare la notorietà di marca, la mancanza di budget rilevanti a sostenere tali attività rischia di produrre risultati contenuti.
Non è cambiato, rispetto al precedente report, l’approccio alla definizione del budget e continuano a esistere due mondi contrapposti:
- Chi naviga a vista, ovvero non fissa un budget di marketing (30%)
o lo determina a discrezione del Marketing Manager (11%) - Chi pianifica annualmente gli importi destinati alle attività (23%) o con delle revisioni nel corso dell’anno (35%)Per quanto riguarda questi ultimi, risulta chiaro che per un terzo del campione intervistato le attività di monitoraggio dei risultati siano fondamentali per una corretta distribuzione del budget nelle diverse attività previste.
STRUMENTI DI MARKETING STRATEGICO
Definire la strategia è il primo step da seguire per costruire delle attività di marketing digitali efficienti ed efficaci.
Attenzione però, perchè un approccio calato dall’alto pootrebbe non essere il giusto angolo di osservazione per intercettare i bisogni e i pain point del target. Anche la distribuzione delle attività nei canali digitali e non, che è una parte fondamentale della customer experience, necessita di una mappatura precisa per riuscire a erogare la migliore esperienza possibile.
Le aziende si sono attrezzate per la raccolta di insight strategici a supporto della definizione delle proprie strategie, sia per quanto riguarda la costruzione del target sia per la definizione del suo percorso di acquisto.
Gli strumenti più utilizzati per l’analisi del target sono risultati le interviste e i focus group, mentre per l’analisi dei percorsi d’acquisto ci si affida nella maggior parte dei casi all’esperienza di contatto diretto, con i clienti e i prospect, della forza vendita e del customer care.
Per gli autori della ricerca “un approccio ibrido che coinvolga in entrambi i casi tutti i principali strumenti presenti nelle prassi degli uffici marketing potrebbe essere la soluzione migliore: coinvolgere il target nella costruzione di un percorso di acquisto ottimale o il customer care nella raccolta di insight sul target è una strada vincente, il tutto supportato dai dati raccolti nei presidi digitali che possono aiutare a contestualizzare, mappare e validare le ipotesi qualitative prodotte”.
STRUMENTI DI DIGITAL MARKETING
Nella scelta dei canali digitali in cui essere presenti le aziende B2B intervistate si sono comportate come le aziende B2B che tutti ci immaginiamo:
- Il sito web è il canale adottato con la maggior frequenza, seguito da email e LinkedIn;
- I social media che possiamo definire maturi (Facebook, Instagram e YouTube) sono utilizzati con buona frequenza per le attività di marketing digitale da circa il 50% e oltre dei rispondenti;
- I nuovi canali social, come TikTok, sono ancora trascurati dalla quasi totalità del campione (96%).
Per quanto riguarda la tipologia di attività nei canali digitali, la creazione di contenuti organici per sito web e canali social è una prassi per gli uffici marketing intervistati, così come le attività di email marketing.
D’altra parte dalla ricerca emerge una minore predisposizione all’attività di sponsorizzazione, dovuta principalmente a dei budget dedicati stringati come visto in precedenza.
Questo rappresenta un’occasione mancata, ovvero che gli sforzi profusi nella creazione di contenuti digitali non sono valorizzati dal giusto investimento media in visibilità e di conseguenza alla creazione di opportunità di business.
ADVERTISING E LEAD GENERATION
Quanto evidenziato nella tabella precedente trova conferma nel budget dedicato alle attività di digital advertising dalle aziende intervistate: la grande maggioranza investe meno dell’1%.
Questo dato se da un lato è preoccupante, in quanto viene meno una fondamentale leva di valore per le attività digitali, dall’altro evidenzia una grande opportunità di miglioramento delle performance incrementando il budget allocato.
Soprattuto nel mondo B2B dove il venditore è ancora un anello fondamentale nella catena della conversione, il contributo dei contenuti digitali non sempre è chiaro e quindi il ROI di questi investimenti non viene percepito come positivo.
Tuttavia modelli di attribuzione come il Marketing Mix Modeling (MMM) possono aiutare i decisori aziendali a dare evidenza del contributo di ciascun touchpoint in un percorso di acquisto tra online e offline, dove oggi il modello last clic potrebbe far pendere la bilancia sempre a favore del venditore.
VENGONO REALIZZATE ATTIVITÀ DI LEAD GENERATION DIGITALE?
Quasi la metà del campione analizzato non pianifica attività di marketing digitale dedicate.
Circa il 30% degli uffici marketing utilizza un approccio tradizionale, mentre il restante 26% adotta una modalità più evoluta con tecniche inbound e di nurturing.
Questo dato fa emergere ancora una volta come le competenze e la cultura digitale nelle aziende siano un elemento imprescindibile per la crescita del business: tecniche più avanzate consentono di ottenere più contatti interessanti e a target e di conseguenza un maggior numero di clienti.
L’attività di lead generation non sarà mai veramente efficace se a valle non è previsto un flusso di lavoro che possa tenere caldi i lead, qualificarli e avvicinarli alla conversione. Circa un terzo delle aziende intervistate non qualifica i lead raccolti.
Questo può portare a due principali problemi:
• la perdita di opportunità commerciali non correttamente gestite;
• la mancata ottimizzazione degli sforzi editoriali e commerciali che dovrebbero avere maggiori intensità per i lead a target e interessanti ed essere più leggere per lead ancora lontani dalla conversione e non a target.
Negli altri casi il lead è gestito o dall’ufficio marketing o dalla forza vendita: non esiste la formula perfetta, l’importante è che in azienda ci sia sempre qualcuno che sia teso sulla corretta gestione delle opportunità raccolte.
ANALISI E KPI
La maggior parte delle aziende intervistate utilizza strumenti base di analisi, come Google Analytics, tralasciando strumenti più sofisticati capaci di integrare dati non solo quantitativi ma soprattutto qualitativi sugli utenti.
Questo fa nascere due considerazioni:
• La prima è relativa ancora una volta alle competenze per l’uso consapevole di queste tecnologie. Governare questi strumenti è un elemento imprescindibile per la messa in campo di azioni sempre più mirate, ottimizzate e a misura di utente;
• La seconda si riferisce alle raccolta di insight sul target. L’utilizzo di strumenti avanzati per la raccolta di dati dai presidi digitali sul comportamento e l’esperienza degli utenti ad oggi non sono un elemento determinante per la definizione e lo studio del proprio pubblico di riferimento.
I principali KPI di misurazione della performance social, ritenuti più importanti dal campione intervistato, riguardano principalmente la misurazione delle interazioni degli utenti, ovvero engagement rate e lead raccolti.
Al contrario gli indicatori monetari, come il costo per lead o il costo per impression, non sono tenuti in sufficiente considerazione dalle aziende analizzate.
Tutto ciò rende difficile individuare e dare evidenza al loro reale impatto.
La difficoltà nel calcolo del ROI, impedisce l’attribuzione di maggiori budget futuri.
FOCUS: BRANDING
Con l’adozione di strumenti e attività di marketing digitali diventano sempre più importante per le aziende che operano nei mercati B2B molti temi da sempre legati al mondo B2C. Uno di questi è la costruzione di un brand distintivo.
Per essere rilevanti e memorabili, oggi è necessario lavorare sulle leve emozionali del brand, oltre che su quelle razionali legate al prodotto.
Ad oggi questa esigenza di posizionamento è sentita dalle aziende:
di fatto, oltre il 75% delle aziende intervistate ha definito i propri valori e la personalità del brand, ha chiara la vision e la mission aziendale e le differenze di posizionamento rispetto ai competitor.
Tuttavia, la definizione del posizionamento valoriale e comunicativo rimane all’interno degli uffici di marketing e non coinvolge altri soggetti con interessi o collegamenti rispetto all’azienda.
È importante per le aziende vedere e ascoltare due prospettive distinte:
• La prima è rappresentata dalla prospettiva interna all’azienda. Coinvolgere le risorse delle diverse funzioni aziendali nella definizione e condivisione di come vivono e percepiscono l’organizzazione, per creare un senso di appartenenza condiviso e diffuso, è oggi di importanza strategica non solo in ottica di business ma anche di talent acquisition e talent retention.
• La seconda si riferisce alla prospettiva esterna. Uno sguardo dall’esterno offre quel “reality check” utile o per costruire un posizionamento coerente con il percepito, o per intraprendere delle azioni correttive quando il percepito è distante dai desiderata di posizionamento scelti.
Definito il posizionamento del brand, la coerenza di comunicazione diventa fondamentale per dare continuità nelle attività di branding.
Le aziende sono consapevoli dell’importanza di questa coerenza e dell’impegno che comporta la sua gestione: per questo gli intervistati hanno riconosciuto la necessità di assegnare una risorsa unicamente alle attività di brand.
Nonostante questo, come già analizzato nella chart precedente, non sono previsti monitoraggio e raccolta di feedback su come viene percepito il brand all’interno e all’esterno dell’impresa.
Questo evidenzia un forte rischio: un brand interamente costruito all’interno delle mura dell’ufficio marketing
può riscontrare un distaccamento e di conseguenza un gap tra il brand comunicato e il brand percepito.
Per gli autori della ricerca “la coerenza valoriale delle attività di comunicazione viene profusa anche nelle azioni pratiche messe in atto dal brand. Il quadro che emerge incrociando i feedback dei rispondenti tra progettazione, comunicazione e manifestazione del brand, evidenzia come le aziende siano certe di seguire la propria rotta di navigazione: la mappa è ben disegnata ma il sestante non ha calcolato esattamente la posizione. Questo perché non abbiamo raccolto i feedback degli stakeholder, delle risorse interne e del mercato. Spesso questo può essere rivelatore di aspetti che non vorremmo sapere ma è proprio nel momento in cui la marea si abbassa che si vede chi sta nuotando senza costume.”
La tua azienda che opera nel mercato B2B svolge attività di digital marketing?
Se si, in quale delle modalità e con quali strategie, evidenziate in questa ricerca? Scrivilo nei commenti del post.
Se vuoi scaricare il report visità la pagina dell’Osservatorio Marketing B2B